Fu così che Caligola, a capo di un ricco impero, tuttavia popolato da gente estremamente insoddisfatta e impaurita dalle sue reazioni imprevedibili, fece Senatore il suo cavallo, ed invero questa volta la cosa era stata già subodorata da molti ben prima del rescritto ufficiale... Lo si era potuto intuire nell'ultimo periodo, già dal modo in cui andava confabulando negli anditi della sua magione con certi altri notabili personaggi parimenti privi di scrupoli, sordidi e dall'oscuro passato fatto di congiure e tradimenti e stragi e omicidi, sempre a tarda ora, e lontano da occhi indiscreti ma non abbastanza, giacché per l'occhio indiscreto nessuno angolo è abbastanza recondito da non poter esser colto un lumino o un'ombra che bisbiglia, anche solo per un istante, quello che già basta per farsi un'idea, quell'occhio impertinente che si avvicina camuffato da candelabro o da patera, e vede anche quando chi non vuole essere visto crede di passare inosservato... Ma nessuno, tra Suburra e membri della Roma bene, mai pensava che – pure in un Impero così stolido e folle, così poco meritocratico, falso, nepotista, ipocrita e bugiardo, governato da un pazzo lugubre e pernicioso e dal suo vile entourage, dove una parola era poca e due erano già troppe, quando gli stessi patrizi pur scortati dai servi non si sentivano più sicuri nell'intrufolarsi in tarda ora negli angiporti per andare ai lupanari senza tema di prendersi una stilettata – insomma, mai nessuno avrebbe osato pensare che il monarca ne sarebbe stato capace per davvero... La notizia giunse quasi per caso al venerabile giovanissimo Senatore Decimo Carlo Valerio, insigne tra gli insigni, mentre alla mescita affogava nell'alcol alcuni dispiaceri avuti con donne a contrappasso di quelli loro recati, lui il più amato e stimato dalle donne, dal popolo e dalle folle: "Non ce l'ho col cavallo, ma con quella merda umana dell'Imperatore e dei suoi lacchè, con quelle teste di cazzo, e che un gladiatore le spaccasse tutte col mazzapicchio. Che gli venisse un male incurabile a quel despota maledetto!" sbottò non appena venne a conoscenza del tristo fatto. "Attento Senatore a come parli" disse il casuale informatore "tu sei amato dal popolo ma il popolo nulla potrà se inviso all'Imperatore." "Me ne fotto, porco d'un Dio cane! E tu cosa ne pensi? Abbi il coraggio di dire la tua" e lo prese per la collottola... "Io non penso" tremando tutto, e se ne andò. "... Ora sono a casa mia" prosegue il Senatore il discorso interrotto col messo, come a volersi intestardire a tutti i costi nella risoluzione di un enigma impossibile come la quadratura del cerchio; il Senatore, questo giovane sì nobile e ardimentoso che non trova pace e va assillando servi e amici con questa sua rovella da ore e si consuma e si sbraccia, mentre dà fondo a tutto il vino delle sue vigne come ad un Baccanale. "Me ne fotto e dico q...
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