LA BIBLIOTECA DI BABELE
  1. 26.04.1926

    AvatarBy orsonwelles il 6 Oct. 2013
     
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    Se ti vuoi ammazzare, perchè non ti vuoi ammazzare?
    Ah, approfittane!, che io che amo tanto la morte e la vita,
    se osassi amazzarmi, anch'io mi ammazzerei...
    Ah, se vuoi osare, osa!
    A che ti serve il quadro successivo delle tue immagini esterne
    che chiamiamo mondo?
    la cinematografia delle ore recitate
    da attori con pose e convenzioni prestabilite,
    il circo policromo del nostro dinamismo senza fine?
    A che ti serve il tuo mondo interiore che disconosci?
    Forse, ammazzandoti, potrai conoscerlo davvero...
    Forse, finendo, comincerai...
    E a ogni modo se ti stanca essere,
    stancatene almeno nobilmente
    e non cantare come me la vita per sbornie,
    non salutare come me la morte in letteratura!

    Sei necessario? Oh futile ombra chiamata gente!
    Nessuno è necessario; non sei necessario a nessuno...
    Senza di te, tutto andrà bene senza di te.
    Forse è peggio per gli altri che tu esista piuttosto che tu ti ammazzi,
    forse pesi di più durando che cessando di durare...

    Il dolore degli altri?... Hai il rimorso anticipato che ti piangano?
    Stai tranquillo, ti piangeranno poco...
    L'impulso vitale asciuga le lacrime poco a poco,
    quando non sono versate per noi stessi,
    quando sono per ciò che succede ad altri: specie la morte,
    che è cosa dopo la quale agli altri non succede più niente...

    Dapprima è l'angoscia, la sorpresa della visita
    del mistero dell'assenza della tua vita parlata...
    Poi l'orrore della bara visibile e materiale,
    e gli uomini in nero, che esercitano la professione di stare lì.
    Poi la famiglia che veglia inconsolabile, raccontando storielle,
    dicendo che peccato che tu sia morto;
    e tu mera causa occasionale di questi piagnistei,
    tu veramente morto, molto più morto di quanto credi...
    Molto più morto di quanto pensi, quì,
    seppure tu possa essere più vivo altrove...

    Poi il tragico ritiro verso la fossa o il loculo,
    e poi il principio della morte del tuo ricordo.
    Dapprima cè in tutti un sollievo
    dalla tragedia un pò seccante che tu sia morto...
    Poi la conversazione si alleggerisce man mano
    e la vita riprende il suo tran tran...

    Infine, lentamente, ti dimenticano.
    Sei ricordato solo in due date ricorrenti:
    l'anniversario della tua nascita e quello della tua morte.
    E poi basta, più nulla, assolutamente più nulla.
    Due volte all'anno ti pensano,
    due volte all'anno sospirano a causa tua quelli che ti amarono,
    di quando in quando sospirano se per caso si parla di te.

    Guardati freddamente, guarda freddamente quel che siamo...
    Se ti vuoi ammazzare, ammazzati...
    Non avere scrupoli morali, titubanze dell'intelligenza:
    che scrupoli o titubanze ha la meccanica della vita?

    Che scrupoli chimici ha l'impulso che genera
    le linfe, la circolazione del sangue, l'amore?
    Che memoria degli altri ha il ritmo allegro della vita?
    Ah, povera vanità di ossa e carne chiamata uomo,
    non vedi che non hai assolutamente importanza?

    Sei importante per te, perchè è te stesso che senti.
    Sei tutto per te, perchè te sei l'universo,
    e lo stesso universo, e gli altri,
    sono i satelliti della tua soggettività oggettiva;
    sei importante per te solo perchè solo tu sei importante per te.
    E se tu sei così, oh mito, non lo dovrebbero essere anche gli altri?

    Hai, come Amleto, il terrore dello sconosciuto?
    Ma cosè conosciuto? Cosè che tu conosci,
    perchè tu possa chiamare sconosciuto qualcosa in particolare?

    Hai come Fallstaff, un grasso amore per la vita?
    Se la ami così materialmente, amala ancor più materialmente,
    renditi consustanziale alla terra e alle cose!
    Disperditi, sistema fisico-chimico
    di cellule notturnamente coscienti,
    nella notturna coscienza dell'incoscienza dei corpi,
    nella grande coperta delle apparenze che niente copre,
    nell'erbetta e nell'erbacce della proliferazione degli esseri,
    nella nebbia atomica delle cose,
    nelle pareti turbinanti
    del vuoto dinamico del mondo...

    (F. Pessoa, Poesie di Álvaro de Campos, trad. A. Tabucchi, ed. Adelphi)
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